Quarantotto chilometri di percorso e un carattere torrentizio, insidioso e pieno di potenzialità: il Bisenzio è il fiume che attraversa Prato e la sua provincia. In questo articolo vogliamo raccontarvi qualche curiosità che lo riguarda.
La sorgente e la foce
Sull’esatta origine del fiume Bisenzio ci troviamo di fronte ad un piccolo mistero: il nome molto probabilmente deriva dal latino bis-entius – letteralmente “doppia corrente”- il fiume infatti sorge dall’unione di due torrenti in un’area che si trova nel Comune di Cantagallo.
Qui però finiscono le certezze, perché le teorie su dove sia collocata esattamente la sua sorgente sono più d’una.
Alla fine dell’Ottocento Emilio Bertini, il fondatore del CAI pratese, collocò la sorgente del Bisenzio al Mulin della Sega, dove il torrente Trogola confluisce col Baccuccio. Più recentemente, invece, alcuni studi l’hanno collocata al Poggio Vespaio, dall’unione del Trogola con il Fosso delle Barbe.
Quale che sia il punto esatto da cui prende origine, il fiume nasce nel Comune di Cantagallo, attraversa Prato, Vernio, Vaiano, Campi Bisenzio e Signa, dove poi sfocia, dalla parte destra, in Arno.
Un fiume pieno di potenzialità: il Cavalciotto e le gore
Lungo i secoli attorno ai corsi d’acqua ed alle loro infinite risorse si sono spontaneamente concentrati progetti, ambizioni, speranze e attività delle popolazioni stanziate nelle zone circostanti. Così è stato anche per il Bisenzio: in tutta la valle che lo circonda si trovano le tracce di insediamenti etruschi, romani, bizantini, e longobardi. E non c’è dubbio che anche nello sviluppo più recente della città di Prato il Bisenzio abbia giocato un ruolo centrale.
Già nell’XI secolo, per sfruttare le potenzialità del fiume a servizio della città, fu costruita un’opera di ingegneria idraulica unica nel suo genere: la pescaia al Cavalciotto di Santa Lucia.
La pescaia servì a deviare con una diga il corso del Bisenzio, e portare l’acqua del fiume in tutta l’area della città di Prato tramite le così dette gore, ovvero cinque piccoli corsi d’acqua che da Santa Lucia raggiungevano e attraversavano tutta la città.
Si ritiene che le gore avessero inizialmente lo scopo di indirizzare l’acqua verso zone che necessitavano di bonifica, e per scopi di sicurezza, come la difesa del Castello dell’Imperatore, che originariamente doveva essere circondato da un fossato pieno – appunto – d’acqua.
Nel corso dei secoli, il sistema delle gore fu utilizzato sempre più come fonte di energia idraulica per permettere il funzionamento dei numerosi mulini che sorsero sulle sue sponde, e poi successivamente per lo sviluppo dell’industria tessile, per la quale le gore sono risultate estremamente utili, sia per le macchine delle industrie laniere e delle tintorie, che per la raccolta dei loro scarichi.
Un certo caratterino
Fin dalla sua origine il carattere torrentizio del fiume Bisenzio è stato motivo di più di qualche preoccupazione per le popolazioni che vivevano lungo il suo corso. Il fiume scorre a tratti su un letto stretto e tortuoso, in alcuni momenti ha un andamento impetuoso e, specialmente quando si ingrossa, la sua forza è in grado di trascinare con sé tutto il materiale che trova sul suo percorso, tronchi, pietre, oggetti…
Non a caso a Prato per aggiungere un tono dispregiativo verso qualcuno o qualcosa si dice che questo è “riportato dalla piena”.
Sfortunatamente queste caratteristiche lo rendono anche particolarmente predisposto alle esondazioni, nella Val di Bisenzio sono avvenuti numerosissimi eventi del genere nel corso degli anni e dei secoli, e purtroppo molti sono stati anche i danni.
Galileo Galilei in persona
A seguito dell’ennesimo evento disastroso, nel 1630, Ferdinando II de’ Medici, Granduca di Toscana, deciso a cercare un rimedio alle continue esondazioni del Bisenzio, consultò i maggiori esperti di cui disponeva a corte. Invitò, dunque, a fare un sopralluogo sul Fiume Bisenzio l’architetto granducale Giulio Parigi, gli ingegneri Alessandro Bartolotti e Stefano Fantoni, ed il suo matematico primario, Galileo Galilei.
Il sopralluogo accese una discussione tra gli studiosi, testimoniata da alcuni scambi epistolari avvenuti tra Galileo e altri studiosi. A quanto si apprende dal carteggio ritrovato, mentre uno degli ingegneri era fortemente convinto che si dovesse intervenire per eliminare le tortuosità del fiume e renderlo più simile ad un canale, Galileo si dichiarò contrario e suggerì, piuttosto, di rafforzare ed innalzare gli argini e procedere più spesso alla pulitura del letto del fiume.
Si legge nelle sue lettere:
“Dirò solo, per concludere qualcosa intorno alla deliberazione da prendersi per il restauro del fiume Bisenzio, che io inclinerei a non lo rimuovere del suo letto antico ma solo a nettarlo, allargarlo, e, per dirlo in una parola alzar gli argini dove trabocca e fortificarli dove rompe”.
Proprio l’eccessivo accumulo del materiale trascinato dall’impeto dell’acqua era, secondo Galileo, l’elemento su cui si poteva intervenire con più efficacia per evitare le frequenti esondazioni.
Le esondazioni
Quanto spesso si sia proceduto alla pulitura del letto del Bisenzio è difficile stabilirlo, ma quel che è certo è che il fiume ha esondato molte e molte volte ancora. Soprattutto nei mesi più piovosi dell’anno, in particolare nei mesi di ottobre e novembre, le esondazioni e gli allagamenti sono rimasti una costante nell’area della Val di Bisenzio, tanto che è difficile tener traccia del numero di eventi che si sono succeduti. Quelli che hanno lasciato traccia lungo gli anni sono stati, purtroppo, i più disastrosi, in particolare le gravi alluvioni del 1926 e del 1991 a Campi Bisenzio.
Ma anche a Prato si sono verificate gravi esondazioni ed alluvioni.
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Fonti utilizzate:
https://www.cittadiprato.it/IT/Itinerari/130/Il-Bisenzio-e-la-sua-valle/
https://brunelleschi.imss.fi.it/itinerari/luogo/SaltoCavalciottoBisenzio.html