Rivive ancora quello che si continua a raccontare. E allora sembra quasi di sentirlo, nei racconti del signor Ferruccio, l’odore inconfondibile del caffè fatto con la caffettiera napoletana al bar del Micheloni, proprio di fronte all’entrata della fabbrica.

Sembra di vederla quella passeggiata in mezzo ai platani lungo la gora, con i ragazzi a fare il bagno e a tuffarsi dal muretto più alto.

La puoi ancora percepire l’atmosfera al cinematografo muto, con l’elettricista Torquato che inserisce la bobina nel grande proiettore, e i mandolini del circolo che preparano l’attacco dell’accompagnamento.

Questa è la storia del villaggio operaio Forti: un’esperienza straordinaria, unica nel suo genere sul nostro territorio, nata tra le strade de La Briglia, a Vaiano, dall’idea e dall’appassionata visione imprenditoriale di Beniamino Forti, mercante-imprenditore, che ebbe il desiderio e l’ambizione di fare della sua fabbrica un intero villaggio, della sua azienda una comunità che prospera insieme.

Beniamino Forti: gli anni a Prato e la sua fabbrica

Beniamino Forti si stabilisce a Prato nel 1861, veniva da Montepulciano, ma la sua famiglia era originaria della Spagna, da dove fu costretta a fuggire a causa delle persecuzioni antisemitiche già nel XV secolo. I Forti sono, infatti, una famiglia ebrea, e di fughe e persecuzioni è segnata e ferita tutta la loro storia.

Prato nel 1861 è già un affermato centro dell’industria laniera toscana, e Beniamino aveva appena sposato la figlia di un famoso fabbricante di lana di Pisa. Apre, quindi, un piccolo locale in piazza Duomo per fare affari nel settore tessile, e accresce pian piano la sua attività aprendo filature in piazza Mercatale e a Santa Lucia.

Beniamino Forti si mostra particolarmente attivo in città, e il suo nome diventa importante non soltanto per il suo successo imprenditoriale. Fonda in città l’Ospizio della mendicità per i poveri, ricopre, inoltre, per diversi anni la carica di assessore alle Finanze nel comune di Prato, e quella di Consigliere della Camera di Commercio di Firenze.  Nel 1886 si adopera per la nascita della Regia Scuola Professionale di Tessitura e Tintoria, l’attuale Istituto Buzzi, ed è chiamato a presiederla.

Come industriale, in città il suo nome si distingue per la politica salariale che adotta e per le condizioni di lavoro degli operai, tanto che durante la crisi economica del 1885, le proteste degli operai pratesi hanno l’obiettivo di richiedere a tutti gli industriali della città un allineamento delle tariffe e delle condizioni di lavoro a quelle offerte dal Forti.

Nel 1882 Beniamino acquista un grande stabilimento a La Briglia, un’ex fonderia, e lì pone una parte rilevante della sua produzione laniera.

La nascita del villaggio operaio a La Briglia

Gli affari a La Briglia viaggiano a gonfie vele, tanto che la sempre maggiore richiesta di manodopera aveva attirato operai da tutta la Val di Bisenzio. Così l’azienda decide di adattare a dormitorio una parte della proprietà, e metterla a disposizione degli operai che provenivano da più lontano.

Ma poi la visione dei Forti (insieme a Beniamino, ha un ruolo importante anche il figlio Giulio) si amplia e trova compimento nell’idea di dar vita ad un intero villaggio operaio, una sorta di “società ideale” in cui la fabbrica è il centro della comunità, e la ditta si prende cura di rispondere a tutte le esigenze della vita quotidiana degli operai e delle loro famiglie.

Così i Forti iniziano a costruire case, strutture, servizi: una fornace interna, ereditata dall’ex-fonderia, provvede a fornire costantemente mattoni e materiali per la costruzione degli edifici.

Piano piano prende vita il villaggio. Ecco allora nascere via della Fornace, la piazzetta del Moro, via dei Ponticini, via dei Salotti Debiti (le case degli operai sono costruite tutte uguali, all’ingresso c’è subito il salotto), via del Lei, la piazza con la Chiesa, la passeggiata sulla gora.

La distribuzione degli alloggi nel villaggio segue un modello gerarchizzato; in Via del Lei, per esempio, la strada abitata da dirigenti o dipendenti di grado superiore, l’operaio è tenuto a rivolgersi con riguardo a chi incontra per strada. Sono, dunque, certamente presenti gli elementi di controllo sociale di tipo paternalistico, tipico di queste esperienze.

Il villaggio garantisce, tuttavia, benefici e vantaggi che normalmente non sono alla portata di un contadino o di un operaio, in un contesto estremamente povero come quello della Val di Bisenzio degli inizi del ‘900.

  • L'ingresso della Fabbrica con il bar del Micheloni
    L'ingresso della Fabbrica con il bar-mescita del Micheloni

Le foto provengono dall’archivio storico della Fondazione CDSE (Centro di Documentazione Storico Etnografica)

Non solo case

Nel 1920 il villaggio si può dire concluso, e il risultato non è soltanto una fabbrica circondata da un insieme di case, ma qualcosa di molto più interessante.

Insieme alle abitazioni per le famiglie dei dipendenti, infatti, i Forti hanno costituito istituzioni sociali e servizi, creando le condizioni per far fiorire una vera comunità in cui il benessere dei lavoratori sia il propulsore che permette all’azienda di prosperare.

Grande attenzione viene posta sull’istruzione. Nell’Italia dell’epoca è obbligatorio studiare fino alla terza elementare, nel villaggio de La Briglia c’è la possibilità di farlo anche fino alla quinta, e tutte le sere la ditta mette a disposizione una carrozza per accompagnare a Prato coloro che desiderano frequentare le scuole serali.

Raccoglie, inoltre, grandissimo successo la Biblioteca Circolante, gratuita per tutti, nata su ispirazione di quella pratese, che aveva il vanto di essere la prima d’Italia, ma che, a differenza di quella brigliese, non aveva attecchito nel tessuto sociale scarsamente alfabetizzato della Prato dell’epoca.

Vengono costruiti anche l’asilo, i Bagni Pubblici, un Pronto Soccorso, la Pubblica Assistenza, la stazione dei Pompieri. Nasce il teatro, adattato anche a cinematografo muto, si fonda un circolo mandolinistico che crea i sottofondi sonori dal vivo, e ogni domenica organizza spettacoli, proiezioni ed esibizioni per tutto il villaggio.

A La Briglia i Forti pongono anche istituzioni di carattere previdenziale e assicurativo, con la “Cassa malattie”, istituita tramite un’assicurazione stipulata dallo stesso Forti prima ancora della nascita di quella nazionale.

Ci sono poi la “Società per le doti delle Fanciulle” e “L’istituto maschile di previdenza”, oltre a istituzioni creditizie per la gestione dei risparmi.

La fine del villaggio

L’idillio tra i Forti e la comunità del villaggio comincia ad incrinarsi inevitabilmente durante il periodo delle battaglie politiche del movimento operaio: sorgono nuove esigenze e la gerarchizzazione che si vive nel villaggio comincia a stare stretta, iniziano quindi confronti e dibattiti.
Ma è la brutalità delle leggi razziali, a partire dal 1938, a troncare di netto quest’esperienza. La famiglia Forti è, infatti, costretta a vendere tutto in fretta e furia, e a rifugiarsi in America.

Cosa rimane

Si interrompe, così, un’esperienza straordinaria, ma non si spegne l’ideale attorno a cui si è sviluppata: la prospettiva, cioè, che il lavoro sia strumento di concreta prosperità per tutta la comunità sociale.

Con il villaggio operaio a la Briglia, i Forti hanno saputo costruire un ambiente in grado di accrescere concretamente il benessere dei lavoratori, mettendo a loro disposizione misure assistenziali, servizi e beni, in un contesto di estrema povertà. Nel fare questo, non soltanto hanno scritto un’affascinante pagina di storia della Val di Bisenzio, ma hanno contribuito – come altri imprenditori, nelle più note esperienze di Crespi D’Adda e Schio – a porre le basi di quello che oggi viene comunemente definito welfare aziendale.

Oggi questo strumento sta conoscendo nuovo slancio e una nuova dinamicità. Sviluppandosi in modo differente, attualizzandosi al nostro contesto, e utilizzando strumenti nuovi, il welfare aziendale continua a far tesoro delle stesse ambizioni e degli stessi principi che hanno guidato l’esperienza dei Forti a La Briglia, e permette ad aziende ed imprenditori di seguirne idealmente le orme.

>> Come continua la storia: ovvero come funziona il welfare aziendale oggi

 

 

Fonti utilizzate:

  • Archivio storico Fondazione CDSE
  • Guanci Giuseppe, La Briglia in Val di Bisenzio: tre secoli di storia tra carta, rame e lana,  Morgana, Firenze, 2003